Casuals o ultras?


Propongo ai lettori questo interessante “botta e risposta” ” tra un noto ed attento ultras e “blogger” (http:// abbatantuono.blogspot.com/ ) ed il sottoscritto che ha risposto personalmente,  fiducioso di rappresentare anche il pensiero dei collaboratori di “Italianlads”:

“Avevo davvero tanta voglia di vedere Londra dopo oltre vent’anni di thatcherismo e di thatcherismo senza Thatcher, quella forma subdola di autoritarismo che ha trasformato la vecchia potenza coloniale in un fortino assediato nel quale persino uno sport popolare è diventato palestra per l’esibizione di politiche muscolari. Per Chelsea-Juventus ho deciso di visitare il più importante laboratorio della repressione esistente e, devo dire, le ricerche hanno avuto buon fine, nonostante siano state sovente interrotte dalle doverose visite ai pubs con conseguente versamento di innumerevoli rivoli di birra nel gagarozzo. L’aereoporto low cost è già un presidio militare, agenti con giubbotto anti-proiettile e mitra spianato, controlli asfissianti e ripetuti, una commedia dell’assurdo che testimonia i sensi di colpa di questo gigante imperiale dall’armadio zeppo di scheletri. La città resta sempre straordinaria, viva, veloce, forse troppo per un “campagnìn” come me abituato a ritmi carioca. Il melting pot culturale è incoraggiante, le strade sono un Palazzo di Vetro ambulante, ogni etnia è degnamente rappresentata, gli italiani li riconosci da come guardano i tacchi a spillo vintage e le gambe che su di essi mostrano spesso spettacoli assai edificanti. I pub sono pieni di white collars dal bicchiere sempre pieno, qualcuno ha esagerato e sonnecchia ruminando, a spillare dell’ottima birra sempre fanciulle bellissime. Da ultras si gira per Londra senza difficoltà, la gente ascolta i nostri cori che rimbombano sulla metro platealmente sbalordita dopo che le politiche securitarie lib-lab hanno sciolto nell’acido la controcultura hooligan, relegandola in genere in qualche bel film di Hollywood. Piccadilly diventa un bastione bianconero, i telefonini passano la voce, la grande adunata è questione di minuti. Dal primo pomeriggio nei pressi del Trocadero si animano italiani di ogni dove con la Juve nel cuore, i Tradizione, mentre i Bravi Ragazzi, eroici reduci da 18 ore di pullman, vengono sbarcati direttamente a Stamford Bridge. Alla fine ci saranno tutti, Drughi,Viking e Nucleo. Qualche giornalista non perde occasione per esercitarsi al gioco dell’esecrazione democratica contro gli ultras “neofascisti”, dimenticandosi dell’apologia delle peggiori dittature sudamericane praticata dal loro padrone di Arcore. Entrare in quello stadio mi ha ricordato le mie esercitazioni militari a Cassino, una delle pagine più dramamtiche della mia vita. A parte il corteo di sbirri cavallerizzi, agenti in borghese con scritto sbirro sulla fronte e agenti in divisa appiedati, scorgo un esiguo drappello di Digos subalpini del tutto pleonastici in siffatto dispiegamento di forze armate di cavalleria e fanteria. Vengo perquisito tre volte da tre energumeni di colore che mi palpano persino i testicoli ma non si accorgono che ho due accendini. Gli steward sono tutti neri, i loro capi bianchi. Colto da un attacco di bronchite che mi affligge da giorni sono costretto ad affrontare le strettoie del tornello, un buco metallico che si trasformerebbe in un letto di morte per un cardiopatico medio. Quando riesci a guadagnare il tuo posto, sollecitato da altri energumeni in pettorina che si sentono evidentemente intoccabili, ti viene offerto lo zuccherino della estrema vicinanza al campo di gioco a parziale risarcimento del percorso di guerra affrontato. Non sento di solito particolare emozione nel vedere un maschio in mutande, preferirei una bella donna in topless ma pazienza. Ognuno ha le eiaculazioni che merita. Gli steward gridano, ti toccano, “get down” se hai una videocamera, “sit down” se stai in piedi, poi si portano via un paio di ragazzi che si accendono incautamente una sigaretta e che vengono puniti col divieto di assistere alla partita dopo 18 ore di bus o trecento euro spesi per il ticket. Stamford Bridge ha un pubblico, absit iniuria verbis, di scimmie ammaestrate, voglio dire di spettatori con un compitino preciso da eseguire senza contributi originali. Sembrano tutti uguali, gente da teatro, seduta bene, vestita bene, roba da diabete. Ognuno ha la sua maglietta ufficiale, sciarpa ufficiale, i cori sono rari, “Come on Chelsea”, di tanto in tanto qualcuno di manda a cagare prudentemente, senza che il bidello-steward se ne accorga o che il Grande Fratello lo riprenda, “frame and shame”,filma e sputtana la scheggia impazzita alla recita corale. Io punto un inglese, il più vicino, pelato e simpatico, cerco di esasperarlo con vituperi politici riferiti alla sua “gracious queen” della quale metto in dubbio la fedeltà e il pudore, insinuando dimensioni miniaturizzate del suo organo sessuale ( suo, non dell’androgina sovrana ) e abitudini erotiche inquietanti della donna accanto che sembra sua moglie, poverino. Solo dopo un’ora di tortura psicologica riesco ad estorcergli una minaccia di morte che mi lancia quasi sottovoce proteggendosi la bocca. Allargo le braccia per festeggiare quel raggio di sole beluino che rischiara questa cappa di buonismo snervante. Sic transit gloria mundi, a questo siamo. Lo stadio si riempie solo dei nostri cori, il loro gol viene salutato da un isterico “yeeeessss”, neanche una parolaccia a suggellare un coito, nulla di nulla. Non si può festeggiare con un “si” un orgasmo, c’è il rischi che l’altro/a ci rimanga male o che l’atto si risolva in una fredda pratica notarile. E’ un pubblico frigido, presumibilmente sobrio, a tratti oserei dire astemio. Fuori lo stesso spettacolo, centinaia di cavalli e fantini, fanti su fanti, transenne, telecamere, un’ossessione securitaria degna di migliori cause. Siamo stanchi, stremati, la birra si scioglie in torrenti di piscio senza muri su cui rimbalzare, dio non voglia che qualche telecamera ci inquadri il pistolino, meglio tenere tutto in saccoccia e bivaccare all’aeroporto dove per fumare siamo costretti a battere un area di 2000 mq prima di trovare una smoking area. Bye bye London, see ya soon. Se riuscissimo ad evitare esiti british nel nostro malandato calcio forse non sarebbe male per tutti, anche per gli ultras.Vincenzo

Pubblico di seguito la risposta di un lettore particolarmente intelligente, simpatico e profondo conoscitore della scena britannica al mio report su Londra. Sapere di avere gente come lui che legge quello che scrivo/scriviamo è una grande botta di autostima. Leggere per credere. Vincenzo

p.s. non è un anonimo, come le tigri di carta che mi scrivono con cuore di leone, è persona a me conosciuta che sceglie un nickname. Intelligenti pauca.

 

“Ho letto con interesse il tuo bel “report” sulla trasferta di Londra al seguito della Juve che ha trasmesso al lettore la vivida sensazione di essere sul posto. Consentimi, comunque, alcune note scritte come amante della “casual culture” che non hanno lo scopo di stabilire una prevalenza tra la mentalità italiana e, comunque, latina e lo stile di oltre Manica. Il mondo ultras l’ho frequentato intensamente e lo amo profondamente ma, da qualche tempo, trovo si stia preoccupantemente dirigendo, con tanti contributi esterni, su un binario morto. Ho grande stima di chi prosegue imperterrito e non ha abbassato la testa ma mi riesce difficile credere ad un futuro per un certo tipo di tifo organizzato privato dei suoi fondamenti intesi come strumenti di fare tifo ( striscione megafoni ed, in certi stadi, addirittura, bandiere, sciarpe e magliette). Qualche gruppo storico ha deciso di sciogliersi, altri vanno avanti come possono e certi altri ancora hanno dovuto scendere a compromessi “discutibili”. Pur rimpiangendo la formidabile e irripetibile epoca dei secondi anni Ottanta essa è destinata a restare scolpita nei ricordi. Alcuni eccessi che nessuno Stato poteva tollerare hanno spinto il movimento in un punto di difficile ritorno. parlo dei morti (R.I.P) , della politica immessa in dosi industriali e di troppe contiguità con la delinquenza comune. Inutile, però, guardare indietro e, comunque, la risposta te la devo su altro. Tu hai visto a Londra tutto quello che nello UK c’è di meno gradevole, come gli stadi salotto e le misure di sicurezza esasperate. Nel Regno Unito, soprattutto, in casa è difficile fare tifo di impatto, sia per la solerzia degli stewards sia perchè non è possibile scegliere il proprio posto a sedere in modo tale da costituire un vero e proprio nucleo organizzato.Va un po’ meglio alle tifoserie in trasferta che riescono a raggrupparsi ed a sgolarsi in modo più compatto. Ora qualcosa sta cambiando con alcuni gruppi “tollerati” da certe società che si sono rese conto che si è perso troppo calore. Il tuo disgusto per lo stadio del “politicamente corretto” è condiviso da molti “lads” che rimangono beatamente all’esterno degli impianti, considerando la partita, specie in casa, una sorta di “optional”. In questi stadi poco a misura di tifoso organizzato ci sono, però, anche alcuni aspetti positivi: i biglietti li puoi comprare dal tuo pc e spesso riceverli a domicilio, i poliziotti hanno un numero sul casco che li contraddistingue, se qualcuno eccede, le pene sono severe ed applicate ma i responsabili sono individuati in modo chirurgico. Anche questo dovrebbe essere parte di quel “modello inglese” di cui tanto parlano le nostre stanze dei bottoni il quale, poi, fra l’altro, ha ridotto a poco o nulla gli incidenti negli stadi ma ha moltiplicato quelli lontano dagli impianti. La media di arresti, ad esempio, è doppia rispetto a quella italiana (due terzi circa per comportamenti violenti e la quasi totalità del restante terzo per eccessi legati all” abuso di alcool) e non ingrossano le statistiche i molti episodi che accadono ben distanti dai luccicanti spalti telegenici.Gran parte della “casual culture” vive nei pubs, nelle trasferte e , per i tifosi di quei club che hanno la fortuna di partecipare ai tornei continentali, nelle presenze oltre Manica, sempre sentite e partecipate. All’estero i fans britannici stanno in piedi, cantano, si comportano spesso spavaldamente riprendendosi una parte di quello che in patria è stato loro negato. Forse qualcosa di più “ruspante” lo avresti visto, con tutto il rispetto per la tifosera del Chelsea,la quale ha caratterizzato pesantemente un paio di decenni,in realtà più piccole ma sanguigne come Leeds, Cardiff,Millwall, Burnley ed altre ancora. I numeri delle “firms” non sono più quelli di una volta, girano anche “wonnabes” che credono che il regalo firmato di mamma e papà a Natale basti per possedere la divisa e diventare una delle “facce”ma ti assicuro che molti “lads” sono passati attraverso una repressione peggiore di quella in corso nella nostra Italia e sono ancora vivi e vegeti. Anzi, in diversi posti si stanno affacciando nuove leve…E’ un mondo che vive “sotto traccia”,con i suoi eccessi ma, soprattutto, con tanto stile, dignità ed attaccamento ai colori che non serve neppure indossare perchè sono scolpiti dentro come testimoniano dimostrazioni di affetto a stagioni compromesse e partite perse. Come dicono loro ai ragazzi, comunque vada, “pride of you!”…Dire se sia migliore la cultura ultras o il “casual style” è come stabilire se avesse più classe Scirea o Van Basten; due cose diverse ma ugualmente grandi. Spero di sbagliarmi ma la militarizzazione degli stadi inglesi sta arrivando anche qui a grandi passi e, forse, molti si troveranno, di fronte, agli stessi bivi incontrati dai giovani “hardcore fans” di oltre Manica. Loro hanno saputo leggere i tempi e fare sopravvivere almeno il salvabile della comunità degli spalti, una delle ultime forme di aggregazione giovanile non conforme. Quanto al mondo ultras qualcosa inizia forzatamente a cambiare: trasferte a piccoli numeri e con mezzi propri, ad esempio però ho la sensazione che si stia andando a sbattere contro un maledetto muro se non si cambia il binario. Io ho goduto pienamente di diversi anni sugli spalti, siamo più o meno coetanei, e solo adesso inizio a scegliere le partire cui andare in Italia ed a dare sempre più spazio alla mia passione per la scena dello Uk. Mi dispiace , soprattutto, per quei giovani che il mondo ultras rischiano di non trovarselo più se i coraggiosi che stanno andando avanti non riusciranno a fermare la valanga “normalizzatrice” che sta travolgendo non solo quegli eccessi con cui il movimento si è fatto male da solo ma anche la semplice possibilità di essere gruppi di tifo organizzato. Per concludere, se non ti avessero portato in un salotto cloroformizzato e , magari, avessi avuto come guide le giuste conoscenze sul posto, avresti conosciuto anche la metà splendida di una cultura che persevera lontano dai salotti patinati del calcio industria.Sarebbe bello che anche nel nostro Paese si svecchiasse l’ immagine stereotipata della scena del Regno Unito, fossilizzata anche lì agli irripetibili anni ottanta, narrati,a volte, con un po’ troppa autocelebrazione dai “leaders” dei gruppi stessi; tanto meno vorrei che venisse sostituita da quella degli “stadi salotto”. Sai che per realizzare qualcosa del genere ho speso e spendo, con la preziosa collaborazione di altri, tempo ed energie. Mi piacerebbe che il movimento di casa nostra sapesse rigettare gli aspetti che tu hai criticato della realtà attuale di Inghilterra, Scozia,Galles ed Irlanda del Nord ma anche coglierne gli aspetti migliori per dare linfa e futuro ai “ragazzi di stadio” che, sebbene si dica il contrario, rappresentano una delle pochissime parti vive della nostra gioventù.”

Mister Loyal fromItalian lads

Casuals o ultras?ultima modifica: 2009-02-28T15:44:00+01:00da misterloyal
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